Operando il distanziamento sociale siamo stati in grado, a costi elevatissimi ed in modo esemplare agli occhi del resto del mondo, di frenare pesantemente l’avanzata del virus in uno dei paesi maggiormente colpiti a livello globale; ciò ha portato, in questa estate 2020, ad una normalità apparente, tanto anelata quanto fragile.

Non possiamo dimenticare infatti che siamo ben lontani dall’immunità di gregge, che potremo raggiungere, se non vogliamo far infettare prima il 60% della popolazione, solo aspettando il vaccino ed adottando nel frattempo un “comportamento consono”.

Comportamento consono significa tenere a mente che siamo ancora nel pieno di una pandemia che fuori dal nostro orticello sta mettendo in ginocchio le più potenti nazioni del pianeta e che è prossima a raggiungere il milione di vittime. Comportamento consono significa indossare la cintura di sicurezza e tornare alla vita di tutti giorni, non alla vita normale, significa rispettare le prescrizioni indicate da chi parla con cognizione di causa ed accettarle senza sentirsi privati dei più fondamentali diritti dell’essere umano. Girano sul web reazioni spropositate di persone che si ribellano all’uso delle mascherine manco fossero atei costretti ad indossare il burqa con 40°C all’ombra.

Personalmente trovo l’uso della mascherina un bel gesto di rispetto per il prossimo ed un segno di civiltà e progresso; le mascherine chirurgiche, quelle che al più e male accettiamo il compromesso di indossare, non proteggono infatti noi stessi ma solo chi ci circonda dai liquidi biologici che continuamente emettiamo per via orale. Quando incrociamo qualcuno che le indossi immaginiamo dunque che su quella mascherina ci sia scritto “Mi fido di te” e che in caso di incontro ravvicinato con il virus esse sarebbero efficaci solo se tutti le stessimo indossando correttamente. Che responsabilità vero?

In questi giorni stiamo poi assistendo all’esilarante fenomeno dei contagi di ritorno. Esilarante perché agli occhi del nostro compagno comunitario bavarese siamo i villani del Paradiso terrestre che, ignari delle bellezze del posto in cui vivono ed incuranti degli incentivi statali per spender le loro vacanze nel paese più bello del mondo, scelgono piuttosto conclamati Hub esteri di contagio come mete turistiche, giusto perché rimescolare le carte e annullare lo shift temporale che tanto abbiamo cercato di preservare durante il lock-down non è questione abbastanza seria e di cui curarsi.

Ancor più esilarante è che tutto ciò stia accadendo in Puglia, la regione più bella del mondo, dove tra l’altro essendoci stati relativamente pochi contagi, la popolazione residente costituisce, nel malaugurato caso di una seconda ondata, una platea potenzialmente più ampia e suscettibile per il virus rispetto a popolazioni di altre regioni italiane pesantemente colpite.

Molti trascurano inoltre le conseguenze del contagio nel tempo. Chi si ammala deve essere conscio che si sta beccando una malattia ancora ignota, sulla quale nessuno può ancora rassicurarci, se ci va bene, sul termine “guarigione”. Non possiamo dire di essere guariti dal virus se non osserviamo i suoi effetti postumi, anche anni dopo il primo contagio. Il SARS-CoV-2 è un virus nuovo e che ancora non conosciamo abbastanza per poter escludere questa possibilità; sappiamo invece che ce ne sono di Virus, studiati per molti più anni, per i quali queste evoluzioni non sono eventualità ma accertati dati di fatto.

Per quanto piccoli tasselli di un grande puzzle abbiamo un ruolo fondamentale nella nostra società; il nostro comportamento conscio e responsabile è importante per noi stessi ed esemplare per gli altri. Solo remando nella stessa direzione saremo in grado di raggiungere un porto sicuro.